C’È ANCORA DOMANI

Io oggi canto in mezzo all'altra gente
Perché ce credo o forse per decenza
Che partecipazione certo è libertà
Ma è pure resistenza

E non ho scudi per proteggermi né armi per difendermi
Né caschi per nascondermi o santi a cui rivolgermi
Ho solo questa lingua in bocca
E forse un mezzo sogno in tasca
E molti, molti errori brutti
Io però li pago tutti

 

Parto dalla fine, dalla canzone che chiude questo bellissimo film, testimonianza del tempo passato e purtroppo anche presente, con le parole di Daniele Silvestri, cantautore romano, che attraverso la sua “A bocca chiusa” sottolinea un finale che nessuno si aspetta. I gesti, gli sguardi, i movimenti degli attori esaltano ogni singola parola e riescono letteralmente a coinvolgerci in quella partecipazione corale più teatrale che cinematografica. È forse questa la maestria della Cortellesi, per la prima volta regista, aver avuto l’audacia di sconvolgere alcune regole, dall’uso del bianco e nero alla scelta del formato in 4:3 prima e in 16:9 in seguito. Anche la selezione delle musiche ha un gusto “retrò” in apertura ma poi irrompe prepotentemente, dagli Outkast a Concato, maturando nello spettatore il dubbio di un possibile errore quando in realtà è una chiave di lettura a più livelli della scena che va ad accompagnare.
L’incipit della pellicola ci immerge nell’atmosfera di un film d’epoca e il quartiere romano di Testaccio, uno dei luoghi della capitale attualmente meno intaccati dalla modernità, è il set ideale per un’ambientazione post-bellica di un’Italia che cerca di ripartire.
Le scelte registiche, spesso commentate dalla stessa Cortellesi, rafforzano una narrazione già di per sé importante e ingombrante: dal ballo tra lei e Mastandrea che diventa metafora delle quotidiane violenze domestiche, al personaggio di Marisa che mostra ancor più il divario tra la sua vita coniugale e quella di Delia (oltre ad essere l’amica che cerca di salvarla in tutti i modi), fino alla misteriosa lettera che fa da filo conduttore a tutto il racconto.
Il flusso di coscienza di questa pellicola ci lascia costantemente nell’altalena delle emozioni contrastanti, tra le risate inaspettate e le azioni più potenti che si fanno largo all’improvviso come a volerci scuotere da quel torpore in cui siamo caduti da anni. La maestria nella direzione di un film di questa portata è stata coniugare i numerosi aspetti artistici che potevano facilmente essere fraintesi o ancor peggio banalizzati.
La Cortellesi è riuscita invece a creare una poesia moderna toccando con delicatezza tematiche attuali in una cornice passata, utilizzando il vissuto più forte di chi ha combattuto per determinate libertà.
La potenza del messaggio  “Stringiamo le schede come biglietti d'amore” (che cita la giornalista dell’epoca Anna Garofalo) diventa così la bandiera di un intero film e di tutte le generazioni di donne che si sono susseguite dal quel 2 giugno 1946.

A ricordarci che da allora e per sempre:

Ho solo questa lingua in bocca
E se mi tagli pure questa
Io non mi fermo, scusa
Canto pure a bocca chiusa.

Silvia Donati

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