Perfetti Sconosciuti

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"Non mi sposo perchè non mi piace avere della gente estranea in casa"

La celebre citazione di Alberto Sordi è quella che per prima mi è balzata in testa durante i titoli di coda del film, un film fatto di risate, momenti di riflessione e, in più casi, applausi...molto sarcastici, ma inevitabili.

Sin da subito ci troviamo inseriti nella storia, nella vita di queste coppie che potrebbero essere nostri amici, con i quali stiamo trascorrendo una "tranquilla" serata, loro sono lì, seduti a tavola ed è per noi naturale ascoltarli, ridere delle loro battute e assecondarne gli scherzi.

Tutto è riportato immediatamente alla realtà di tutti i giorni e alle diversità caratteriali e soprattutto comportamentali che caratterizzano i singoli. Sin dall'inizio capiamo che ognuno dei protagonisti ha un piccolo segreto che nasconde al rispettivo partner ma non capiamo esattamente quale o non ne cogliamo la motivazione: chi si chiude in bagno con il cellulare e chi esce di casa senza mutandine... tutto molto sospetto.

L'intera pellicola si svolge nella durata di una cena, cena in cui si versa del vino rigorosamente biodinamico (sto ancora cercando di capire cosa significhi) e vengono servite portate alle volte interrotte da pettegolezzi, altre da battute spesso fuori luogo.

Il tutto si concentra quasi subito su quello che sarà il motivo scatenante della serie di disastri che si susseguiranno per tutto il film, ovvero decidere di tenere tutti i cellulari al centro della tavola e di rendere pubblici chiamate e messaggi ai commensali.

Non so quanti di noi si troverebbero d'accordo nell'accettare questa moderna roulette russa multimediale ma una cosa è certa, i nostri cari amici, seduti a quel tavolo, tenteranno e spereranno (pur sudando freddo), di mostrare la loro "fedina penale" pulita.

E' palese sin da subito che nessuno si sente a proprio agio in questa situazione, e lo si capisce dai sussulti e dagli sguardi allertati, a ogni minimo accenno di suoneria; tutto è sotto controllo, almeno finché è il tecnico del computer a telefonare e la sorella di qualcuno a farsi sentire...ma a poco poco l'ambiente inizierà a scaldarsi insieme al vino…

quello che più ci attrae è la totale corrispondenza alla realtà, ognuno di loro ha una nostra piccola caratteristica comune o ci ricorda maledettamente quel qualcuno di passaggio nella nostra esistenza, e per quanto sia verosimile, facciamo fatica, molta fatica, ad accettare che possa accadere anche a

noi, o magari ci sia già accaduto a nostra insaputa. Il susseguirsi di messaggi ambigui su whatsapp, le richieste di scambio di cellulari fatte al volo sul terrazzo, le foto da cancellare e le suonerie da abbassare ci mostrano già l'aspetto psicologico di ogni singolo personaggio, che si troverà alla fine a veder crollare la propria maschera inesorabilmente. Tutti noi conosciamo il finale ma non si sa perché non riusciamo ad immaginarcelo, ed è proprio questo che ci tiene incollati alla poltrona in attesa della scena successiva, la continua domanda che nella vita reale non ci è concesso di porci: “finirà come penso io?”

Siamo in pieno psicodramma, tutti spalleggiano e si scontrano con tutti, le scuse iniziano a vacillare, le voci ad affievolirsi e le bugie ad emergere… da i giochini erotici fatti con sconosciuti a l'amante salvato sotto falso nome, gli ex che chiedono consigli inopportuni e i gruppi whatsapp dai quali qualcuno è rimasto fuori, tutto viene a galla e riversato su quella tavola che ormai si sta trasformando in un campo di battaglia. E' il primo e unico momento in cui i protagonisti si alzano, mollano le sicure sedie per rincorrersi l'un l'altro per tutta casa, urlando, chiedendo, cercando spiegazioni che non troveranno mai risposta. Nel turbine delle incomprensioni arriva, come fulmine a ciel sereno, il coming out di uno degli amici che causerà reazioni differenti ma soprattutto inaspettate ma passerà a breve in secondo piano rispetto al carnevale di tradimenti messo in scena da quegli stessi amici.

Ora conosciamo ognuno di loro per quello che hanno fatto e detto e non riusciamo a fare a meno di guardali con occhi diversi, come se quelle bugie, in qualche modo, le avessero dette anche noi, a noi che con tanto trasporto li stavamo inseguendo intorno al divano.

Come una scenografia tolta prima della fine, tutto ha un sapore più amaro, ma vero. Inevitabile è il paragone con la quotidianità e il continuo annuire di fronte a certi episodi ci fa sentire spettatori delle nostre stesse esperienze, fino al finale, se vogliamo a sorpresa, se vogliamo causato dall'inconscio, un finale in parte positivo che ci mostra come sarebbe andata “se” se non avessero accettato di fare quel gioco, se ognuno di loro avesse perpetuato nella propria quotidiana ipocrisia e se tutti avessero continuato come niente fosse a portare avanti i propri segreti. Vogliamo credere che il nostro vissuto e il nostro relazionarci con gli altri possa essere frutto di una scelta, di una porta che decidiamo noi se aprire o meno e che, nel momento esatto di questa scelta, riusciamo a prendere piena responsabilità e coscienza delle conseguenze che ne scaturiscono.

Vogliamo crederci, vogliamo raccontarcela, ma in realtà ci resta facile, molto più facile, rimanere in scena anche quando le quinte si alzano, le luci si spengono e il pubblico se ne va.

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